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I Castromediano
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Il potere dei baroni diminuisce Sigismondo I (1470-1534),
12o barone
Giovanni Antonio II (1518-1571),
13o barone



I CASTROMEDIANO

Sigismondo I (1470-1534), 12° barone

L'anno 1526, morto il barone don Luigi II, nei domini feudali di Cavallino e di Morciano di Leuca gli successe il figlio Sigismondo I Castromediano. Egli nel 1495 aveva sposato in prime nozze donna Pellegrina de' Giudice, da cui aveva avuto Giovanni Antonio che morirà assai giovane, Geronima poi sposata a Nicolantonio Lubelli, e Porzia in seguito andata sposa prima a Prospero Guarini barone di S. Cesario e poi, rimasta vedova, a Vittorio de Prioli di Lecce.

Sigismondo I, rimasto vedovo, nel 1516 si risposò con donna Dianora Messanelli o Misanello, dalla quale ebbe otto altri figli: Padovana morta a tre anni, Giovanni Antonio il successore, Giovanni Battista sarà vescovo di Lecce (dal 1532 al 1552), Paola sarà badessa Benedettina in Lecce, Ludovico morirà giovanetto, Cornelia sarà monaca Clarissa in Lecce, Donato morto infante, Giovanni Luigi sarà Capitano di Archibugieri.

Don Sigismondo, infine, da una bella e prosperosa contadinella cavallinese ebbe un figlio che volle riconoscere e legittimare, a cui pose il nome Ferrante, il quale da grande sarà un notissimo Notaio in Lecce e in Morciano.

L'anno 1532 la giovanissima beronessa Geronima, figlia di don Sigismondo I, rimase vedova e senza figli di Nicolantonio Lubelli, per cui alla casata dei Castromediano ricaddero i beni allodiali del feudo di Zollino e di parte del feudo di Nociglia.

Riaccesosi il conflitto franco-spagnolo, l'anno 1528 le truppe francesi del generale Lautrech si mossero per assoggettare il Salento in accordo anche con le galee veneziane, che miravano ad impadronirsi del porto di Otranto o almeno degli approdi di Roca, di S. Cataldo, di Castro e di Torre S. Giovanni. Intanto il comandante supremo delle forze spagnole, don Alfonso Castriota, dal suo quartier generale di Gallipoli aveva approntato la difesa della provincia adunando nei dintorni di Leverano le forze dei baroni filospagnoli.

Sigismondo I Castromediano era accorso con un drappello di giovani cavallinesi e con un plotone di soldati mercenari albanesi. I filospagnoli affrontarono i francesi nella piana di Avetrana sulla costa ionica del Salento, ma rimasero sconfitti. Il Castriota e il Marchese della Tripalda governatore della Provincia ripararono in Gallipoli; gli archibugieri cavallinesi, assaliti dai cavalleggeri nemici, si sbandarono, fuggirono e fecero ritorno a Cavallino, mentre il loro capitano don Sigismondo, a cavallo, seguito dal suo fedele schiavo, si rifugiò nella piazzaforte di Gallipoli. Quando, alcune settimane dopo, Gallipoli fu presa dai francesi, Sigismondo fu scoperto, arrestato e trascinato nel carcere di Oria.

Il suo schiavo raggiunse Cavallino e dell'accaduto informò i suoi padroni Castromediano. Allora la coraggiosa moglie di don Sigismondo, donna Dianora, da alcuni fedeli vassalli si fece accompagnare a Oria, entrò clandestinamente nella cittadina e, corrompendo con il denaro il comandante delle guardie di custodia, riuscì a fare evadere dalla prigione il marito e a farlo tornare libero a casa.

Intanto Lecce era tenuta dai filospagnoli. Allora il leccese filofrancese Gabriele Barone a capo di un ben nutrito squadrone di cavalleggeri si avvicinò a Lecce; notte tempo un suo nipote aiutò alcuni arditi soldati dello zio a scavalcare le mura e a penetrare in città; al mattino gli intrusi aprirono le porte ai commilitoni e così Gabriele Barone senza colpo ferire s'impadronì della città di Lecce.

Poco dopo, il colonnello Marc'Antonio Barone, alla testa di tremila soldati, di cui oltre la metà erano mercenari albanesi infidi, si scontrò presso Trepuzzi con don Alfonso Castriota e il Preside della Provincia marchese della Tripalda, comandanti di un grosso contingente di forze spagnole, e questa volta i francesi furono battuti; tuttavia la città di Lecce restò in mano degli occupanti filofrancesi.

L'indomabile Sigismondo I Castromediano, scelto a capo del partito filospagnolo salentino, fu impegnato ad arruolare e a organizzare nuove forze da lanciare contro gli invasori francesi. Alla nuova coalizione antifrancese aderirono tra gli altri, e parteciparono attivamente, Tommaso Castromediano fratello di Sigismondo, Antonio Bozzicorso, Giovanni e Antonio Guarino, Filippo Matthei, Giovannantonio Raynò, Leonardo Camassa, Alfonso e Giovanni Mosca, i fratelli Ferrari e i fratelli Tafuri.

Sigismondo I s'incontrò in luogo segreto con Alfonso Castriota e lo assicurò che le forze della coalizione erano pronte e determinate. Nel giorno stabilito, il Castriota giunse con oltre mille fanti, organizzò l'assalto insieme con le forze amiche e, al grido di "Morte ai Francesi!" riuscì a recuperare la città di Lecce.

Soltanto nel 1530, con la morte del generale Lautrech, cessarono le ostilità franco-spagnole e le popolazioni del Meridione presero a sanare i danni provocati dal conflitto disorganico e defaticante. Fu in quegli anni che Lecce assurse al rango di capoluogo di Terra d'Otranto, comprendente l'intera penisola salentina con i territori di Lecce, di Brindisi e di Taranto.

Come si può notare, il barone don Sigismondo I più che amministratore dei suoi possedimenti feudali fu uomo d'arme sino ad ora impegnato nelle lotte a difesa del Salento dai reiterati tentativi di occupazione da parte di forze straniere. Sigismondo Castromediano il vecchio servì in questa Provincia d'Otranto sotto la condotta del Marchese della Tripalda nell'anno 1528 in tempo di Monsù Lautrech dove fu ferito a morte.1

Cripta della chiesa del convento
CAVALLINO - Resti dell'antica cinta muraria (foto P. Garrisi)

1 G.C. INFANTINO, Lecce Sacra, Lecce 1634, pag. 253


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