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Le coste salentine a rischio di sbarchi nemici Fabio e Ottavio Castromediano, due eroici cavallinesi



I CASTROMEDIANO

Le coste salentine a rischio di sbarchi nemici

Ancora una volta le coste meridionali dell'Italia erano esposte alle scorrerie dei pirati saraceni, e specialmente le acque del canale d'Otranto venivano solcate da navi turche. Si sapeva da tempo che il sultano Solimano II il Magnifico preparava la rivincita dei musulmani sui cristiani. E nel 1537 settanta galee turche prima sbarcarono drappelli di fanteria a Castro e squadre di cavalleria a Ugento e dopo navigarono per forzare il porto di Otranto.

Questa volta la Terra d'Otranto non si fece trovare impreparata, difatti subito furono arruolati mille giovani tra cittadini e vassalli dei baroni e furono assoldati ottocento mercenari calabresi. Nei pressi di Tricase avvenne un duro scontro e per fortuna i turchi, sconfitti, corsero a rinchiudersi nella fortezza di Castro, da dove poi presero il largo.

Anche Brindisi ebbe bisogno di aiuti e dunque agli ottocento soldati calabresi fu ordinato di lasciare Lecce e trasferirsi a Brindisi. La popolazione leccese, ancora in preda alla paura, tumultuando impedì la partenza dei mercenari, per la qual cosa la città insubordinata si meritò la minaccia di una severa punizione.

Allora la civica Università spedì ad Andria il barone di Cavallino don Giovanni Antonio II Castromediano, uomo fidatissimo, con l'incarico di perorare e far valere le buone ragioni della città di Lecce presso il viceré spagnolo don Pedro de Toledo1.

Don Giovanni Antonio portò felicemente a termine la missione; egli, infatti, con la sua eloquenza abile e persuasiva ottenne dal viceré il perdono per il tumulto e per l'insubordinazione e conseguì il beneplacito e l'accoglimento della richiesta dei Leccesi.


1 J. A. FERRARI, Apologia paradossica della Città di Lecce, 1707, pag. 820


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