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Pippi De Dominicis
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Canti de l'autra vita

Nfiernu

1893 - Allietato e confortato dal successo, Giuseppe De Dominicis si applica con maggiore costanza alla composizione di un altro più impegnativo lavoro in versi, che ha iniziato già da tempo e che ora può sottoporre ad un'ultima rifinitura.

Lo schema narra in tono eroicomico l'avventura di un tal Pietru Lau che, defunto, càpita nel regno infernale e riesce a liberare dai tormenti le anime dei sudditi dannati. L'opera è intitolata Nfiernu e si compone di 5 canti, per complessivi 448 versi endecasillabi, disposti in 112 quartine con rime alternate.

Quandu foi ca murìu lu Pietru Lau
era matina prestu de sçiuedia,
e fenca a ttantu nu sse utau sputau
rriau dha lu diaulu quasi a menzadia.

Bussò al portone, il guardiano mise fuori la testa e gli disse di attendere fuori, perché Satanasso, il capo dei diavoli era a tavola e non doveva essere disturbato. Pietru Lau, stanco per il lungo viaggio, accese la pipa e si pose a sedere su un masso.

Na ndore te purpette se sentìa
ca veramente a nterra te menaa!…

Finalmente fu fatto entrare e fu accompagnato alla presenza del giudice infernale, che, dopo aver consultato un librone nero, trovò elencato il nome Pietru Lau, un individuo colpevole di aver rubato un tomolo di grano.

«Sì, è vero, ho rubato, ma per necessità - cercò di giustificarsi il peccatore - A casa mia non c'era pane; i miei cinque figlioletti soffrivano la fame e piangevano; io e mia moglie eravamo disoccupati e presso i possidenti non trovavamo pietà né misericordia. Che cosa potevo fare?»

Però lu diaulu nd'ibbe cumpassione
a stu descorsu maru ca ni fice:
se lu diaulu lu pingenu birbone,
cussì bruttu nu be' quantu se dice.

Pietru Lau non fu precipitato tra le fiamme eterne e venne assunto come servitore con il compito di curare il giardino dell'Inferno. Egli per riconoscenza fu assai solerte e dopo alcuni mesi il suo lavoro si notò: verdi cespugli piantati lungo i vialetti, fiori variopinti nelle aiuole, ordine e pulizia dappertutto.

Il capodiavolo aveva una giovane figlia, la quale era solita fare spesso una passeggiata nel verziere. Il sollecito servitore, vedendola, coglieva un bel fascio di fiori e gentilmente glielo offriva. Ella accettava con piacere i fiori profumati e gradiva anche la compagnia del giardinier cortese. Però,

Sai ca te carne simu… e osçe e crai
uniti Pietru Lau, la Farfarina…
bedhi, cussine ncìgnanu sti uai!
lu fuecu cu la pagghia cce ccumbina?

Poteva un servitore manifestare il proprio amore alla figlia del capo dell'Inferno? No, non poteva osare tanto. Allora fu lei, la padroncina, a prendere l'iniziativa e attirò in un angolo nascosto dai cespugli il giovane e lo abbracciò focosamente da vera diavola.

Farfarina, rimasta incinta, non poté tenere nascosto a lungo il proprio stato e, quando lo si venne a sapere,

Lu diaulu a ffrunte se menau le manu
decendu: «Fuecu miu, cce aggiu ccappatu!»
(e do àutre cornicedhe ni spuntànu)
«Bella, respuse, m'hanu ncurunatu!»
. . . . . . . . . .

E quidha respundìa: «Cce nc'imu ffare?
lu sacciu, caru tata, c'aggiu tertu;
ma mo comu se pote rremediare?
lu fattu è ffattu e l'arcipreite è muertu!»

Il padre infuriato convocò la sua corte di diavoli e domandò chi di loro aveva avuto l'ardire di svergognare la sua famiglia. Un testimone chiese la parola e rivelò che una mattina con i propri occhi aveva visto Farfarina e Pietru Lau fare l'amore, appartati in una grotta.

I due innamorati, essendo stati scoperti, temendo le furie di Satanasso, scapparono il più lontano possibile

e tutti stracchi e muerti defrescara
intru a nu pagghiariedhu te nu ellanu.

Come succedeva sempre in questi casi, dopo qualche giorno i due fuggitivi conclusero che la migliore decisione da prendere era tornare e chiedere perdono al genitore di lei.

Me minu a mpiedi e dicu: «Cce m'ha' fare?
remediu nu nde pueti cchiui mentire!
ccìtime puru, ma t'ha' rrecurdare
ca te su' figghia e ca me sinti sire»

Il padre dapprima fece la faccia diabolica e sbraitò e minacciò vendetta, poi mirò all'atto di riparazione,

ma all'urtimu ni disse a Pietru Lau:
«Quantu tiempu te serve cu te nzuri?»

e il dissidio si appianò concordemente con una solenne promessa di matrimonio, così che Pietru Lau da servitore diventò padrone, fece amicizia con i diavoli, poteva muoversi liberamente per il regno dei morti, era rispettato e temuto al pari di un demonio, pur conservando nell'intimo l'ìsciure d'omu, i sentimenti umani.

L'Inferno era colmo di anime dannate immerse in pene indicibili, tanto sproporzionate che Pietru Lau ne rimase travolto e turbato. La moglie di Lot, sol perché fuggendo da Sodoma si era voltata a guardare la città in fiamme, dal Padreterno era stata severamente punita e mutata in statua di sale. Cam figlio di Noè da Dio fu condannato all'inferno sol perché, avendo sorpreso il padre ubriaco e nudo, era scoppiato a ridere mancandogli di rispetto. Una situazione incredibile!

E poi ci cchiui ci menu tutti quanti
stìanu all'arrustu pe ccose te nienti:

uno ricco, mandato in perpetuo esilio nell'inferno perché orgoglioso; un altro danaroso, condannato perché avaro; anche un poeta, punito perché pigrone; un giovane fascinoso, perché aveva avuto contemporaneamente due fidanzate, e ancora un seduttore, soltanto perché aveva desiderato la moglie di un altro. Eccessivamente austera, addirittura iniqua e quindi ingiusta, era dunque la legge che comminava pene tanto severe.

L'idea de dhu mumentu rrefurmau
ca quidha legge a nterra s'ìa mmenare.
A dhu mumentu disse: - Pietru Lau,
lu mundu capisutta ha' sci' butare!

Come una palla di neve rotolando dalla vetta diventa sempre più grossa, così l'idea di una giustizia più equa, via via che si diffondeva, diventava sempre più possente. Pietru Lau andava insinuando tra le schiere dei dannati: «Se voi siete rassegnati alla presente iniqua condizione, bene, in tal caso sareste meritevoli di pene ancor peggiori; se invece sarete concordi e determinati a migliorarla, certamente allora nessuno vi potrà fermare».

Allorché in un campo arido e secco cade abbondante pioggia, presto spuntano erbe d'ogni specie: lapazi e logli, triboli e trifogli, bledoni, sonchi e rosolacci.

Cussine ste palore descetara
na semente intru ll'arma durmesciuta.
Libertà, libertà, quantu si' cara
la sape ci pe ttie l'anni rifiuta!

Un giorno, tutti i demoni di qualsiasi rango erano invitati al fastoso sposalizio che si celebrava tra un diavolo imparentato nientedimeno che con Belzebù, e la diavola Nasidoro figlia addirittura di Setteranfe. Il furbo Pietru Lau, prevedendo cosa sarebbe successo dopo gli allegri brindisi e le copiose libagioni, ritenne quella l'occasione opportuna per tentare l'insurrezione,

e ppe dha notte stessa cuncertau
ca tutti de lu nfiernu ìanu bessire.

E dha notte scappara. Comu? Comu?
Bedhi, la libertà nde face tante!
Nnu piccinnu cussine ddenta nn'omu,
ogne creaturu tantu nnu gigante;
. . . . . . . . . .
nn'omu stuccatu a ntuttu cu nu mbàgghia
ene la libertà e nni minte l'ale;

nu scemu ddenta nn'omu giudeziusu,
ogne pporta de fierru è de cartune,
la catina è nnu filu, nnu pertusu
se face rande comu nnu purtune.

Scappara, quistu è tuttu, se nde sçera;
. . . . . . . . . . .

tutte le anime dei trapassati abbandonarono l'Inferno, il regno governato con leggi tanto inique, e si liberarono per sempre dagli ingiusti castighi e dalle crudeli torture. Pietru Lau, ispiratore e guida della rivolta, accompagnò le anime vittoriose, provvisoriamente, nel Limbo, luogo rimasto spopolato e solitario da quando Cristo, tanto tempo prima, aveva trascinato in Paradiso le anime degli innocenti ivi radunate.

Qui termina la narrazione della vicenda infernale.

Nfiernu, stampato in volumetto e pubblicato al prezzo di cent. 25, incontra grande successo tra il pubblico e presto le copie della prima edizione si esauriscono.




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