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Cavallino archeologica
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Il settore B Le sepolture


CAPITOLO III: LA CITTÀ MESSAPICA

Paragrafo 9

Il settore B



Il gruppo di abitazioni più integro e, quindi, più interessante e, perciò, idoneo ad essere esplorato in tutti i suoi punti e studiato in tutti i suoi aspetti, si rivelò il settore B, nel fondo Sentina (lo scavo fu diretto dalla professoressa Orlanda Pancrazzi di Pisa).

Alla esplorazione e alla osservazione si presentarono tre diversi livelli stratigrafici:

  1. lo strato più profondo e antico risale fino alla età del Ferro, X-IX sec. a. C.;
  2. il mediano risale ai secoli VIII-VII a. C.;
  3. quello superiore presenta testimonianze di vita degli abitanti, le quali vanno dall'inizio del sec. VI alla metà del sec. V a. C.

Cavallino, abitazioni con tetto a cannicci, coppi ed èmbrici.

Questo settore era occupato da ampie capanne mono e bilocali, di forma rettangolare, di superficie 5.00x7.00 in media, con pareti di pietre sformi e con pavimento di argilla battuto e consolidato.

All'osservazione del livello superficiale sono apparse chiare le basi delle abitazioni contigue tra loro e allineate alla strada larga m. 6,0 circa, la quale, da parte sua, ad un certo punto si slarga formando una piazzuola con pavimentazione fatta a pietrisco e 'tufina' battuti e compressi.

I muri delle dimore erano certamente di pietre informi connesse con povera malta di terra e, internamente, intonacate di terra rossa imbianchita con calcina, metodo usato a Cavallino fino a qualche secolo fa; le coperture, a doppio spiovente, erano fatte con cannicci che reggevano coppi ed embrici di impasto piuttosto impuro, cotto, ruvido, rosato.

Dagli strati inferiore e medio sono venuti fuori numerosi reperti di ceramica di manifattura locale, in maggioranza cocci ad impasto bruno e spesso circa 1 cm., affiancato da impasto nero levigato e lucente, e in misura minore da pezzi a pasta chiara acroma, cioè senza vernice né colorazione di alcun genere.

I cocci, ricostruiti e completati secondo precise regole, danno forme di grossi recipienti di terracotta, quali olle, giare, brocche, ciotole, scodelle, ollette, coppe, attingitoi, ecc.



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Ceramica di manifattura locale: 1 ciotolona, 2 - 3 ciotole a impasto nero.

Alcuni frammenti di ceramica per scodelline presentano semplici motivi di decorazione geometrica.

Sono stati trovati pure oggetti vari: alcuni strumenti in osso, altri in ferro, molti «pesi» (pisi) a cono e a cilindro con un solo foro in cima, e a parallelepipedo schiacciato con due fori in alto; e poi fuseruole biconiche, valve di molluschi marini (cozze mateδδe e cozze mareδδe), rondelle, palline di terracotta, alcune delle quali decorate a puntini e a striature.

Nello strato mediano sono stati trovati numerosi frammenti di ceramica ad impasto fine, omogeneo, duro, di colore variabile, che va dal bianco al rosso, con superficie levigata e lucida; tale impasto è usato sia per vasi grossi a larghi orli orizzontali e sia per vasetti biconici o globulari, per ollette o brocchette.

Allo stesso livello appartengono i vasi delle medesime forme medie e piccole di pasta bruna sottile, granulosa, alquanto friabile.

Teniamo presente, comunque, che le forme di vasi dello strato mediano si protraggono pure al livello superiore, analoghe alle precedenti e come impasto e come decorazione. La ceramica trovata nello strato superficiale, logicamente, è più recente.


«Pesi» a parallelepipedo, a cilindro, a cono, a piramide.

Continuano i tipi dei livelli inferiori e compaiono nel contempo pithoi a pasta chiara, anfore, bacili, scodelline, crateri, kylix su piede, tutti vasi che si rifanno per qualità e per forme al tipo di ceramica geometrica iapigia.

In questo strato superficiale numerosi sono venuti fuori i pisi a pasta chiara e a forma, però, di piramidetta, con foro all'apice.

Tra i diversi oggetti sono da notare un ago crinale di osso, una fuseruola biconica e varie fibule a staffa.

In uno degli ambienti è stato rinvenuto un pithos a situla (grosso vaso panciuto) contenente le ossa di un neonato.

Per inciso si fa notare che, generalmente, i neonati morti venivano deposti dai genitori in speciali vasi e seppelliti vicino ai propri cari, o nell'ortale o addirittura in casa.

Tra le forme tipiche dello strato superficiale sono da annoverare i crateri a corpo arrotondato, alcune brocchette a collo lungo e alcuni vasetti chiusi con coperchio, recipienti, questi, trovati in superficie in un ambiente del settore B. Essi hanno generalmente pasta compatta, omogenea, dura, frattura netta, colore rosa-beige con superficie esterna liscia e lucente nei crateri; tenera bianco-giallastra o rosa-chiara nei vasetti minuscoli.





Forme di vasi iapigio-messapici: ceramica acroma.


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Forme di vasi iapigio-messapici: 1 - 2 - 3 ceramica decorata, 4 pithos.

La decorazione, che caratterizza questo tipo di ceramica, è a fasce orizzontali, realizzata a due colori: vernice rosso arancio lucente, vernice opaca bruno scuro.

Soltanto al livello superiore sono stati trovati sia frammenti di ceramica originale greca importata e sia frammenti di ceramica di imitazione greca.



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Forme di ceramica iapigio-messapica: 1 cratere, 2 collo di brocchetta.


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Frammenti di ceramica di tradizione greca: 1 coppa, 2 cratere, 3 oinochoe con fasce rosse, 4 vaso decorato "a gocce".

Comunque, la ceramica corinzia e quella attica, che è stata trovata in notevole percentuale nelle abitazioni a partire dagli strati del VI sec. a. C., prova che il centro messapico cavallinese era collegato, tramite il Capo Iapigio (Leuca), direttamente con la Grecia continentale piuttosto che con la vicina colonia greca di Taranto, e ciò per il fatto che da sempre questa città marinara era guardata con sospetto e, in seguito, anche con apprensione.

Dall'inizio alla fine del sec. VI a. C. la forma caratteristica della ceramica è rappresentata dalle coppette di stile ionico insieme a pochi skyphoi a vernice nera certamente di provenienza attica; invece dall'inizio fino alla metà del sec. V a. C. torna ad essere prevalente la ceramica locale e la ceramica di tradizione greca, e la forma più imitata è la kylix.

Un'altra forma imitata è il cratere a colonnette, che è di pasta chiara, giallo-rosata, tenera, ricoperta da vernice bruna opaca, tipo che si rifà evidentemente allo stile attico.



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Ceramica di imitazione greca: 1 tazza, 2 coppetta, 3 cratere a colonnette, 4 kylix, 5 pithos, 6 olla biconica, tutti vasi ricostruiti su frammenti.

Infine, circa gli oggetti, nello strato più profondo sono state rinvenute due accette litiche levigate di roccia filoniana grigia, dunque non di pietra locale, dunque fatte venire da fuori; inoltre un punteruolo triangolare e una zanna di cinghiale tagliata e lisciata.

Dal livello superiore provengono: un ago lungo e sottile di osso, alcuni chiodi e qualche fibula di ferro; e poi un panetto di piombo, alcune fuseruole e numerose fibule bronzee ad arco semplice con staffa terminante a bottoncino, fibule con staffe decorate a losanghe, una fibula ad arco decorato con tre solchi longitudinali e un'altra a navicella con bottoncini laterali. Altri oggetti personali erano quelli usati come elementi di collana e di bracciali: fuseruole e valve forate; oggetti per giuochi fanciulleschi erano le palline e le rondelle di terracotta.

Adiacente a questo settore è stato osservato un largo spiazzo pavimentato (la piazza principale?), sui cui lati si affacciano locali di lavoro e di deposito, costituiti da un vano rettangolare con all'interno grossi pithoi, adoperati come recipienti per derrate.

Il settore B fu nuovamente studiato nel 1976 dai professori D'Andria, Pagliara e Pancrazzi; tra l'altro, fu raccolta una piramidetta con incisa una dedica ad Arzeria, una divinità femminile locale.



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Elementi architettonici: 1 modanatura in pietra leccese, 2 capitello ad echino carenato, 3 sime fittili.

In questa zona doveva esserci anche un tempio; difatti, sono stati trovati sul posto tre interessanti elementi architettonici che si fanno risalire al sec. VI a. C.: un blocco di pietra leccese con modanatura di imitazione dorica sormontata da rosette intervallate in fila; un capitello di pietra leccese con echino carenato schiacciato, collarino a foglie stilizzate e abaco con rosette abbozzate; il terzo elemento rinvenuto è di terracotta e presenta due sime, cioè due modanature parallele, la superiore a fasce verticali, l'inferiore a spirali, a imitazione corcirese; essi sono sicuramente avanzi di qualche edificio importante.

Dalla stessa équipe nel 1977 fu localizzata nel fondo 'lu Piru' (attenzione, nel podere a nord-ovest de 'la Cupa' e non nell'omonima contrada 'Piru') la sede battuta di una strada che si prolunga per 150 metri da sud a nord, in direzione della Porta Nord; sul lato sud-est di detta strada si allineano le tracce di edifici a pianta complessa, formati ciascuno di tre-quattro abitazioni, i cui prospetti guardano in un cortile comune (la curte).

L'archeologo Morel nel 1979 vi tornò per approfondire le osservazioni e dai saggi stratificati effettuati risultò che l'impianto della via cittadina risale sicuramente alla metà del sec. VI a. C.


Planimetria del "Settore C".

L'esplorazione, lo scavo, lo studio della zona edificata del settore C nel fondo 'Àiera ècchia' furono condotti dai professori Pancrazzi, Corchia e Tagliente tra il 1976 e il 1977. Questo settore presenta un nucleo di una decina di ambienti, i quali costituiscono un vasto e ben organizzato caseggiato, ben definito nel suo assetto d'insieme.

Tra l'altro, in uno dei vani furono rinvenuti due capaci vasi situliformi, in uno dei quali c'erano alcune ossa e qualche frammento di cranio di un infante, le cui misure e lo stadio di ossificazione suggeriscono per il neonato una statura di cm. 50 e un'età di pochi giorni di vita.

In conclusione, il sito di Cavallino è assai interessante, in quanto che mostra un insediamento iapigio anteriore alla conquista romana (infatti, non è stato rinvenuto alcun elemento archeologico posteriore al 266 a. C., l'anno della conquista del Salento); una comunità, dunque, non contaminata e non alterata, pur se toccata, da influenze esterne, né dalla cultura greca, cioè, né da quella latina; ha conservato integra, insomma, la sua peculiare omogeneità sociale, culturale ed economica, fatto importante questo, per meglio comprendere il problema storico della Iapigia in generale e della Messapia in particolare.


Fondo "Maratunde": quattro tombe della necropoli di sud-ovest.



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