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La Cappella del Monte, il Camposanto, la Comunità di Cavallino nell'800 | ||
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Nascita e morte di un bambino
A Cavallino, un paese agricolo di appena tremila residenti, verso la fine dell’’800 operavano tre mammane, tre ostetriche non diplomate ma che per lunga pratica erano autorizzate ad assistere le donne gestanti al parto; erano Rosaria Calò, Raffaela Pallara e Maria Guarascio, amiche e nello stesso tempo concorrenti tra loro.
Vituccia Castriota, moglie di Carminuccio Mangaffa, stava per completare il periodo normale di gravidanza ed ancora non aveva deciso chi chiamare: se comare Rosaria, se comare Raffaela o comare Maria, essendo tutte e tre ugualmente sue amiche di famiglia.
Però quel pomeriggio Carminuccio non ebbe l’imbarazzo di scegliere tra le tre mammane paesane e corse difilato a chiamare cummare Rafela giacché cummare Rusaria sin dal mattino era impegnata a prestare i suoi servigi ad un’altra partoriente, la Lesandra Macanza, e pure cummare Maria era nella masseria Nsarti pronta per intervenire al parto di una vacca squìzzera.
Appena giunse in casa della Castriota, la levatrice Raffaela Pallara comandò alla partoriente di lasciare il letto e di mettersi a passeggiare a saltelli per la stanza, e ordinò alle altre donne di casa, la madre e la suocera, la sorella e la cognata di Vituccia, di far bollire in un pentolone, almeno per mezz’ora, l’acqua della cisterna per sterilizzarla, e in un tegame fece disinfettare in acqua bollente un paio di forbici, un coltello, due aghi e quattro spille di sicurezza, il tutto avvolto in una garza di lino.
Vituccia presto dovette tornare a letto e stendersi sopra una tovaglia di tela incerata. Ormai in preda alle doglie, di frequente emetteva grida soffocate di dolore.
Le amiche, che sostavano nel cortile, partecipi si condolevano e rivolgevano invocazioni d’aiuto alla Vergine Maria Madonna del Monte. Quando si udì un grido straziante la Chicca Mulenara, l’amica più sincera, con gli occhi rivolti al cielo pregò canterellando:
Il parto, invece, si presentò complicato e difficoltoso. La levatrice interveniva con mani esperte e abili; ma si allarmò non poco quando il corpicino del bambino si presentò con il viso cianotico e con il collo stretto dal cordone ombelicale. Tra molta agitazione e tanta preoccupazione la mammana si prodigò a mani nude, e tagliò, legò, cucì, tamponò; e riuscì, fortunatamente, a salvare la puerpera soltanto.
- Brau cummare Rafela! T’à’ propiu mmurtalata! Tante grazie a signuria!
La morte immediata del neonato non fu ritenuta tanto grave. Allora, la perdita di un infante non era considerata una disgrazia familiare; e in tali circostanze era preminente salvare la madre, la quale poi, in vita…, di bambini poteva farne parecchi altri, quanti ne voleva il marito: anche un figlio ogni due anni.
Qualche ora dopo venne Corpus Oronzo Parasassi, il becchino, il quale chiuse il cadaverino in una cassetta di legno, bilanciò il fardello sull’anca sotto il braccio sinistro e, ad andatura svelta anche se alquanto claudicante, lo portò al camposanto, direttamente, senza deviare per la chiesa, giacché il poverino aveva smesso di vivere prima di ricevere il battesimo.
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