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La Cappella del Monte, il Camposanto, la Comunità di Cavallino nell'800
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La nascita del borgo

Da epoca remota la contrada che si apre a settentrione dell'odierna cittadina di Cavallino era rimasta desolata e spoglia e veniva coltivata a chiazze discontinue; i campi denominati Petre, Scarani, Setteparti, Giancastieδδu, Sentina, Mbruficu, Sediolu, Margiotte, Piru, erano coperti di pietrame e di cocci, resti della città messapica distrutta, che i contadini, per liberare il terreno coltivabile, a mano a mano raccoglievano e ammonticchiavano in grossi e alti cumuli (le spècchie) oppure adoperavano per erigere muricce a secco interpoderali (pariti te petre) o usavano per costruirsi tuguri a forma di trulli (truδδi o pagghiare).

A sud, la zona bassa (la cupina) del territorio era soggetta ad allagamenti in quanto che là si convogliavano da tutti i luoghi limitrofi le acque piovane e vi stagnavano per qualche giorno essendo il terreno di natura argillosa impermeabile.

Pertanto, un sito idoneo, adatto, calòs, per stabilirvisi era proprio la zona interposta, quella che si presentava sgombra e libera e in lieve declivio, dove nemmeno le acque di dirotta pioggia potevano fermarsi. E qui, intorno al Mille, si costituì un primitivo nucleo abitativo formato da semplici casupole con muri di pietre informi e con tetto spiovente di canne e tegole (ìmbreci).

Nei prosieguo dei decenni le umili abitazioni (case a cannizzi) si andarono estendendo lungo la direttrice Fataru-Calò-Cuti-Calìa-Loreto, costituendo il borgo poi casale baronale di Caballinus che successivamente diventò il paesetto marchesale di Cavallino.




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