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La Cappella del Monte, il Camposanto, la Comunità di Cavallino nell'800
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Strada de li Cuti (via Vittorio Emanuele III)

Adiacente al fianco destro del palazzo Castromediano partiva parallelamente a via Calò un'altra strada che saliva alquanto ripida su un banco di roccia affiorante e perciò era chiamata strata te li Cuti (lat. cutem = lecc. cute = lastrone di pietra). Nel primo tratto, tra gli altri abitavano in casupole la Cungetta Senzaminne, lu Tore Nanni, lu Nandu Ballara (la cui casa ora sta per ruinare); poi in un vicoletto la famiglia dei De Matteis del ramo Pampu, poco oltre i Nicolì detti Marchesini; procedendo in salita, all'angolo di destra era l'abitazione del contadino Antonio P. De Dominicis e all'angolo di sinistra si elevavano le case di altri Giannone de li Iachi.

Questa strada a fondo naturale duro sfociava in uno spiazzo dove sul finire dell''800 sorse un isolato di più appartamenti, per il proprietario e per i suoi figli: Vincenzo Ciccarese detto mèsciu Cenzi Cazzati, un artiere padrone di cave di pietre da costruzione (piezzi, uccetti, pezzotti, parmi e chianche), un uomo saggio e capace che dal 1905 al 1913 fu pure sindaco di Cavallino.

Subito dopo, a mano destra si prolungavano le curti de li Nziδδi, cioè degli Zilli, più famigliole di contadini benestanti che si distinguevano per il loro zelo religioso.

A mano mancina oltre l'isolato dei Cazzati si prolungava, sino a congiungersi con via de lu Calò, il largo di massaro Nanu Cacarone allevatore di greggi.




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