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Grammatica del dialetto leccese
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Favola, Lu ràulu e la urpe ELEMENTI DI FONETICA IL NOME O SOSTANTIVO



ELEMENTI DI FONETICA

Il dialetto di Lecce, come aveva dimostrato Giuseppe Morosi nel 1874, conosce un sistema tonico a 5 vocali, con -a- centrale (casa, pane, crapa), due vocali medie -e, -o (pede, perde, bona, porta) e due vocali alte -i, -u (nidu, vivu, ucca 'bocca', turre, fundu). Questo sistema tonico del territorio leccese è, in parte, comune con tutto il territorio del Salento meridionale ed anche con parte della Calabria e della Sicilia per il particolare esito delle vocali alte -i, -u, mentre poi se ne distingue per il particolare esito delle vocali medie -e, -o.

La particolarità che unisce il dialetto di Lecce a quelli di Otranto, Ugento e a quelli calabro-siciliani è data dalla comune confluenza di antichi suoni latini in -i, -u, rimasti invece distinti in molti altri dialetti italiani, compresi quelli vicini del territorio di Brindisi. A Lecce si ha cioè sempre la confluenza di filu, pinu, sira, tila, pisce, e si ha ugualmente sempre confluenza di ucca, turre, luna, nudu, mentre nel brindisino si distingue sera, tela, pesce da filu, pinu, e così si distingue anche vocca, torre da luna, nudu.

La particolarità che distingue il dialetto di Lecce da quello di Otranto, Ugento e da quelli calabro-siciliani è data dagli esiti delle due vocali medie -e, -o, che a Lecce e Brindisi (ma anche in altri dialetti meridionali) dittongano sempre quando in fine di parola si trovano -i, -u: per esempio lu pede ma li piédi; lu dente ma li diénti; bona ma buénu; la morte ma lu muértu. La stessa dittongazione di -ué- a Lecce presenta la riduzione a -e davanti a particolari suoni consonantici, per cui nuéu 'nuovo' diventa néu, e così ertu 'orto', scecu 'giuoco', seni 'suoni', trenu 'tuono', ecc.

Nel vocalismo atono Lecce conosce sempre le quattro vocali a, e, i, u in posizione pretonica e intertonica.

In posizione finale -o, -u si confondono sempre in -u, per cui cantu, ottu (lat. canto, octo) così come muértu, vinu (lat. mortuus, vinum).

In posizione pretonica -i, -e possono restare oppure confondersi, per cui in continuazione di -e si può avere criatu, criatura (lat. creare), decina (decem), mentre -i si risolve in -e in ecinu (lat. vicinus), decìa (dicebat); oppure con passaggio ad -a si trova tarrenu (lat. terrenum), marcante (mercante), sarafinu (seraphinus), frangiδδu 'fringuello', sanape (sinape), lanzulu (linteolum). Per le forme con -e, -i intertonici si ha sùbbetu, tìsçetu, duméneca, miédecu, fémmena, ecc.

Con -o, -u confluiti in -u in posizione pretonica e intertonica si ha durmire, turnare, curcatu, cusetura; trémulu, diàulu, canùscunu ed anche càpure, lépure da antichi plurali neutri in -ora.

Un'analisi attenta e un discorso puntualizzato, dal punto di vista della fonetica, è necessario fare circa la pronunzia, peculiare di noi leccesi, dei gruppi consonantici dd- e δδ-, sc- e sç-, str- e tr-




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