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Avvertenze sulla grafia e sulla pronunzia

1) δδ- (da distinguere dalle normali doppie dd-: per esempio di iddi = vidi), provengono dal nesso latino o italiano ll- (lat. gallus > it. gallo > lecc. aδδu; lat. illum > lecc. iδδu), e si pronunziano con suono cacuminale e invertito, con suono rotacizzato rafforzato e duro, il quale si ottiene pronunziando le δδ- con la punta della lingua ripiegata all'indietro e poggiata al palato;

2) str- e tr- hanno pur essi suono cacuminale sibilante e vanno pronunziati con tono sordo e aspro, sempre, senza eccezione alcuna e in qualsiasi contesto, per cui non c'è necessità che siano di volta in volta segnalati con segni particolari;

3) il nesso leccese sc- ha il medesimo suono dell'italiano sc-, come, per esempio, nelle parole scasare, scena, scusa, lìscia;

4) - sibilante schiacciata mediopalatale, va invece pronunziata con suono semplice e dolce, alquanto allungato e quasi bleso, come, per esempio, nelle parole napoletane Pasca', sciamuninne, sciummu, ecc.;

5) z- ha sempre suono aspro e forte, sordo e doppio, per cui, per esempio, le parole zappa, zippa, zùccaru, ecc., si pronunziano come se fossero scritte zzappa, zzippa, zzùccaru, ecc.;

6) ž-, invece, indica il suono sonoro e dolce: lecc. žeru, žona, žànžecu, così come nell'italiano žero, žona, žižžania;

7) è bene tener presente che nella pronunzia leccese il suono di una consonante semplice iniziale, per motivi eufonici, viene frequentemente rafforzato e, quindi, anche graficamente raddoppiato; per esempio: la casa, a ccasa; te mie, cu mmie; lu frate, a llu frate; ecc.

8) abbreviazioni delle note:

it.: italiano;

lat.: latino;

lecc.: leccese;

pos. euf.: posizione eufonica;

> esito di derivazione.




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